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LA BIENNALE DI VENEZIA 2024 ABBONDA DI ARTISTI LATINOAMERICANI

La 60° mostra di arte internazionale, svoltasi a Venezia dal 20 aprile al 24 novembre 2024, ha accolto ben 8 padiglioni con opere di artisti latinoamericani.

Per la prima volta è stata scelta la figura di un personaggio latinoamericano a curare questa rassegna, Adriano Pedrosa, che ha definito questa occasione come un “prestigioso incarico”. L’ edizione ha avuto il titolo di Strangers Everywhere- Stranieri Ovunque, ed è lo stesso Pedrosa a spiegarci il perché. L’espressione Stranieri Ovunque, ha affermato, “vuole intendere che, ovunque si vada e ovunque ci si trovi, si incontreranno sempre degli stranieri. In secondo luogo, che, a prescindere dalla propria ubicazione, nel profondo si è sempre veramente stranieri.”  Proprio a causa di questo risvolto che si è voluto dare alla mostra, gli artisti indigeni hanno avuto un ruolo primario ed emblematico all’interno di essa.

Per portare alcuni esempi della presenza latinoamericana all’interno della biennale, il Chile si è presentato con l’opera delle Bordadoras de Isla Negra, un collettivo di ricamatrici ideato da Leonor Sobrino nel 1967, con l’obbiettivo di ricamare scene della vita quotidiana cilena con colori poliedrici e vivaci. Quest’opera, scomparsa nel corso della dittatura di Pinochet, è poi riapparsa nel 2019 ed è stata esposta per la prima volta in questa Biennale.

Un altro esempio calzante è quello del Messico, che si presenta con il progetto dell’artista Erick Meyenberg dal titolo Nos marchábamos, regresábamos siempre, ossia Partivamo, tornavamo sempre: una tavola con oggetti di ceramica di benvenuto, come bicchieri, posateria o piatti. Questi simboli rappresentano l’accoglienza fatta dal paese che riceve e che un migrante può trovare.Più nello specifico, il progetto tratta del tema della migrazione messicana che ricopre un ruolo cruciale nella sua storia. Il migrante viene qui presentato come uno straniero perpetuo, che si trova costantemente in un limbo. La nostalgia verso un qualcosa di indefinito e irriconoscibile è la sensazione tipica del migrante.La domanda in questione che porta il progetto del Messico e in sé tutta l’esposizione è la seguente: se siamo effettivamente tutti stranieri, a quale luogo veramente apparteniamo? Cosa significa casa per noi?

Citando il film Un lugar en el mundo di Adolfo Aristarain, il dubbio rimane sempre il seguente : “Me gustaría que me dijeras cómo hace uno para saber cuál es su lugar”. Mi piacerebbe che mi dicessi come fa uno a capire qual è il suo luogo.

©Rachele Donnini